I giorni della gru

La prima manifestazione degli immigrati bresciani contro la sanatoria truffa passa inosservata. Si cerca la visibilità con un presidio di fronte agli uffici della prefettura di via Lupi di Toscana, occupando l’angolo ignorato di un giardino pubblico infelicemente posizionato tra una cabina del gas e le sponde malsane del torrente Garza. Il presidio non ostacola il transito, non danneggia la vita civile dei cittadini, non disturba l’ordine pubblico. Eppure la Brescia leghista e borghese non lo tollera. Viene sgomberato il 29 settembre. Poche ore dopo, una protesta spontanea percorre le vie del centro cittadino, e il presidio viene ricostituito nello stesso luogo. I manifestanti testimoniano la loro pacifica opposizione, chiedendo solidarietà alla cittadinanza, fino al 30 ottobre: in quel sabato, mentre gli immigrati, ostacolati dalla violenza delle forze dell’ordine, si muovono in corteo nel centro cittadino, vigili urbani e polizia ne approfittano, intervenendo con pale meccaniche a spazzare via le strutture del presidio di via Lupi di Toscana, senza alcuna motivazione di ordine pubblico. E' un’altra dimostrazione muscolare del potere arrogante in una città provinciale e perbenista. E' qui che la lotta dei migranti si intensifica. Alcuni di loro forzano il cantiere della stazione metropolitana di via San Faustino, si arrampicano sulla gru, e occupano la cabina di manovra, a trenta metri dal suolo. Un nuovo presidio di solidarietà si forma nei pressi del cantiere.
Sabato 6 novembre una grande, allegra e civile manifestazione percorre a lungo le strade della città: non solo stranieri, anche molti italiani partecipano per sostenere le rivendicazioni degli immigrati sulla gru, dimostrando che il sostegno della Brescia democratica e progressista è tutt’altro che esiguo. Quando il corteo raggiunge il cantiere della protesta, i ragazzi sulla gru lanciano fiori. Come in un graffito di Bansky.
All’alba di lunedì 8 novembre il presidio di solidarietà viene sgomberato con violenza per volere del prefetto e del ministro. Alcune persone sono fermate e condotte in questura. In breve la zona attorno al cantiere della metropolitana è circondata e militarizzata dalle forze di P.S. in tenuta antisommossa. Per protestare contro la reazione incivile delle istituzioni, nella mattinata numerose persone accorrono in via San Faustino: vengono caricate senza alcun motivo da polizia e carabinieri, più volte. E' una reazione scomposta e irresponsabile alla protesta civile, degna di uno stato fascista. La brutalità, la violenza contro persone inermi, sono la sola risposta che le autorità sanno esprimere. Da questo momento la città è lacerata. Forze dell'ordine interdicono senza alcun motivo evidente un lungo tratto di via San Faustino e parte di piazzale Cesare Battisti, trasformando surrettiziamente una manifestazione pacifica in questione militare. Il presidio democratico si ricostituisce di fronte alla chiesa dei patroni cittadini, là dove le cariche della P.S. lo hanno confinato. Nei giorni a venire sono centinaia, migliaia, le persone che vi si ritroveranno spontaneamente.
Nella serata di giovedì 11 novembre è massima la partecipazione al presidio, in occasione della diretta con la trasmissione “Annozero” di Santoro. La morbosa curiosità per la televisione non è motivo sufficiente a spiegare la quantità di persone che affollano San Faustino: chi c’è, quel giovedì, dimostra di condividere una protesta.
Forza Nuova prepara per sabato 13 novembre una manifestazione nazionale contro l’immigrazione, proprio a Brescia. Alcune associazioni antifasciste, tra le quali l’ANPI, rispondono indicendo una protesta organizzata. Così, pochi giorni prima del 13, i fascisti annunciano il rinvio della propria iniziativa. Ma la manifestazione antifascista viene confermata. Alle ore 14 di sabato il concentramento in piazza della Loggia raccoglie persone provenienti da varie provincie del nord e centro Italia, con bandiere e simboli dell’antagonismo che non si erano visti a Brescia nei giorni precedenti, e che scompariranno in quelli successivi. Da un megafono viene annunciata l’intenzione di raggiungere la gru, sfidando le forze dell’ordine, pronte allo scontro. Dopo la commemorazione dei caduti partigiani di Piazza Rovetta, tenuta da esponenti dell’ANPI, il corteo muove lungo via San Faustino, verso la gru. All’altezza della chiesa, è lo stallo, il faccia a faccia con i cordoni di polizia, al di là di una gabbia di transenne. Visi tesi, preoccupati: dalla tensione, dall’atmosfera, si capisce che sta per succedere qualcosa di brutto. Poco più tardi esploderà la guerriglia urbana.
Il giorno dopo si raccolgono i cocci. Ci si chiede che fare. Si spera. Si teme che la parola nei sottotitoli sia “sconfitta”. La situazione è sempre più critica.
Lunedì 15 novembre gli ultimi quattro immigrati che hanno resistito fino a quel momento decidono di abbandonare e scendono dalla gru, dopo aver ottenuto vaghe promesse e rassicurazioni, a seguito della trattativa con la prefettura intavolata da sindacati e rappresentanti della curia. E' una sera di pioggia a Brescia, è buio, fa freddo. Ma c’è ancora tanta gente. La macchina fotografica, al limite delle capacità tecniche, raccoglie le immagini che può; sono le ultime di questo album. La storia continua.

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